Per salutare e onorare Nelson Mandela non so fare di meglio che richiamare la vignetta che Vauro ha disegnato nel corso di “Servizio Pubblico” di giovedì scorso su La 7: una lacrima nera.
“La Stampa” del 6 dicembre scorso pagine di Asti torna giustamente sul tema del servizio ferroviario, che con gli orari di prossima applicazione penalizzano Asti e l’Astigiano, non tenendo conto delle motivate esigenze prospettate da interlocutori istituzionali: Province e Comuni, dal Comitato Pendolari, da esperti e fruitori.
Tra questi ultimi il giornale dà la parola a Oscar Ferraris che di trasporti ferroviari ne sa parecchio, anche per esperienza professionale, ed a Simonetta Millacci abbonata annuale, che ha scelto coraggiosamente il treno come mezzo per muoversi, e si sente tradita dai Dirigenti Regionali che se ne occupano.
Siccome m’annovero tra i clienti di lungo corso delle ferrovie, aggiungo la mia alle loro ragioni che condivido nella sostanza.
È di tutta evidenza che i collegamenti di Asti e dell’Astigiano con Milano attraverso Alessandria, già carenti e farraginosi, peggiorano ulteriormente se si tolgono treni essenziali utilizzati dai pendolari per arrivare al lavoro in orario, e riducono le opportunità di collegare efficacemente le due realtà, anche in vista dell’Expo 2015.
Quindi chi di dovere deve compiere ogni utile azione che eviti questa iattura e consenta una mobilità consona tra Asti e Milano, con implicito giovamento per i viaggiatori che si fermano ad Alessandria.
Ben vengano quindi intese con Trenord, se capaci di migliorare il servizio nei confronti dell’attuale utenza e dell’incremento che per certo deriverà.
Perché correre anche solo il rischio di fare di Asti e dell’Astigiano un’enclave negletta dal punto di vista dei collegamenti ferroviari interni e nazionali, rappresenterebbe una insopportabile e imperdonabile insipienza.
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