30 gen 2011

Sana e robusta Costituzione

Il 19 gennaio scorso le televisioni hanno aperto i telegiornali con un videomessaggio del capo del governo italiano, nel quale egli accusa i magistrati del caso Ruby – che lo indagano per induzione alla prostituzione minorile e concussione – di aver violato la Costituzione e di volere sovvertire l’esito del voto democratico. Non è certo un comportamento consono all’alta carica istituzionale, che richiede senso di responsabilità e dell’onore, quanto piuttosto una diatriba vicina al conflitto tra poteri dello Stato, che nuoce all’Italia.

Siamo di sana e robusta “Costituzione” ed auspichiamo che gli ideali di libertà e giustizia ribaditi dalla lotta di liberazione indirizzino anche le azioni del nostro Stato, è la presentazione del 15° congresso che l’ANPI di Asti ha tenuto nella sala azzurra del palazzo della Provincia il 23 gennaio scorso.

Nel corso dei lavori è emersa, tra l’altro, la domanda se gli ideali espressi dalla Resistenza siano ancora validi e utilizzabili dalle nuove generazioni per trovare risposte adeguate alle pressanti esigenze ed ai problemi di oggi. Che richiedono, come allora, di dotarsi di una scala di valori e della capacità di decidere coerentemente con essa, assumendo le conseguenti responsabilità personali e comuni.

Scala di valori diffusa e condivisa che ha consentito a quei giovani di scegliere liberamente e responsabilmente di rischiare la vita – e per migliaia di loro di immolarla – costruendo l’unità di intenti della Resistenza contro il sopruso e il totalitarismo nazifascista e la vittoria finale. Con il successivo patto tra gli italiani rappresentato dalla Costituzione.

Un modo di operare nelle scelte di vita personali e sociali, ritenuto non solo possibile ma utile e stimolante anche nella realtà odierna. Certamente non aspra e avventurosa come fu per i partigiani, ma comunque tale da richiedere avvertenza e consapevolezza di pari importanza. Per alimentare e sviluppare la democrazia e costruire risposte ad esigenze vitali che, senza gli apporti delle giovani generazioni che ne sono portatrici, non potranno essere adeguate e soddisfacenti. Non soltanto dal pur importante punto di vista materiale, ma soprattutto della qualità di personali progetti di vita dignitosa nella libertà e compatibili con la salute presente e futura di nostra madre Terra.

21 gen 2011

Mirafiori

Prima del referendum alla Fiat Mirafiori di Torino, per decidere se accettare o no l’accordo sottoscritto da tutte le sigle sindacali meno la Fiom, era diffuso tra gli oltre 5.000 lavoratori interessati, il timore di perdere il lavoro votando “no” e la dignità votando “sì”. Soprattutto dopo l’aut aut di Marchionne, che pretendeva almeno il 51% di “sì” per non chiudere Mirafiori.

Il risultato del voto ha risolto questo dilemma con una sorta di virtuosismo, cui ha contribuito certo la volontà dei lavoratori, ma anche un pizzico di buona sorte. Riaprendo altresì la possibilità di recuperare la partecipazione della Fiom e dare compiutezza alla rappresentanza sindacale nella realtà in cui si è votato.

Si è recata alla urne la stragrande maggioranza (95%) degli aventi diritto ed hanno vinto i “sì” (54%) ma con l’apporto determinante degli impiegati, cui s’aggiunge un’elevata ed imprevista quantità di “no” (46%), espressi quasi tutti dagli operai. Infine tra gli operai i “sì” hanno superato il 50% per appena 9 voti.

Il messaggio che si ricava è quindi chiaro: i lavoratori hanno accettato le più impegnative condizioni di lavoro previste dall’accordo, per salvaguardare insieme dignità e vita, status di cittadini a pieno titolo e pane per sé e la propria famiglia.

In linea con la Costituzione, che eleva il lavoro a elemento fondativo della Repubblica (art. 1), a diritto-dovere di ogni cittadino (art. 4), afferma che senza la dignità il lavoro non è tale (art. 41), ne sancisce l’idoneità a produrre ricchezza duratura e benefici sociali (art. 46).

Quindi i lavoratori, ancora una volta, hanno fatto fino in fondo e al meglio la loro parte.

Ora tocca al capitale ed al management rinunciare alle sirene dei facili, ma effimeri e socialmente deleteri, guadagni della speculazione finanziaria e investire in modo convinto e duraturo nell’economia e nel suo sviluppo equo e compatibile, di cui il lavoro è componente vitale ed insostituibile.

Il compito del governo resta quello di fornire un idoneo quadro di riferimento e le necessarie garanzie, affinché i contenuti dell’accordo si possano realizzare nei tempi previsti.

14 gen 2011

Capacità e senso di responsabilità

Capacità e senso di responsabilità sono in sintesi le qualità di cui ambiamo si dotino i nostri giovani. Esse si acquisiscono nel tempo e devono disporre di occasioni per manifestarsi ed esprimersi.
A partire dalla scuola con gli otto anni dell’obbligo, poi cinque per il diploma ed ancora gli ulteriori tre o cinque per arrivare a uno dei due tipi di laurea. Contemporaneamente rapporti, amicizie, sport, attività del tempo libero, lavori per mantenersi agli studi. Per non molti ci sono ancora master e specializzazioni varie. Trascorre così da un quarto ad un terzo della vita media di ogni giovane.
Poi il lavoro, cioè la sperimentazione sul campo, nella realtà concreta della vita. In competizione con altri, cercando la propria strada, quella più vicina alle personali aspirazioni, per l’autonomia di sé e con la prospettiva di formare una nuova famiglia.
Attualmente questa sperimentazione in Italia è negata almeno al 25% dei giovani perché, crisi o non crisi, il mercato non ne offre a tutti l’opportunità. Occorre perciò porvi rimedio con politiche che riconoscano la priorità di questo problema, nel solco indicato nell’art. 4 della Costituzione: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Le esortazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di fine d’anno, hanno insistito su questo punto: consentire ai giovani di cimentarsi nella vita mediante il lavoro, realizzando così se stessi e fornendo il proprio personale contributo allo sviluppo della comunità nazionale, alimentando la democrazia con le loro idee, l’entusiasmo e la voglia di fare. Ricercando ed innovando per soddisfare le esigenze di cui sono portatori, in armonia con quelle del contesto nel quale operano.
L’ambito per estrinsecare e mettere a punto queste potenzialità è auspicabilmente l’Italia in cui essi vivono e si esprimono. Il confronto che confermi la validità dei risultati raggiunti sarà quello nel mondo globale, nel quale, alla supremazia con la soccombenza degli sconfitti, si sostituirà una scala di valori al cui interno ogni persona deve poter trovare giusta collocazione, che ne valorizzi l’unicità e gli apporti corrispondenti.

Articolo 46

Articolo 46 della Costituzione: “Ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconoscere il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Partendo da questo dettato e proponendo le modalità per la sua concreta attuazione, Walter Veltroni (Partito Democratico) ha sollevato un vespaio di pro e contro, soprattutto tra gli addetti hai lavori. Non se ne comprendono le ragioni, visto che si tratta semmai di dare finalmente corso a questa parte ancora inattuata della nostra Costituzione.
Tiziana Ferrario, giornalista e conduttrice del Tg1, è stata reintegrata nel suo lavoro con sentenza della magistratura, dopo che il dottor Minzolini direttore di rete l’aveva inopinatamente estromessa.
Da qualche tempo l’ammiraglia della Rai colleziona figure barbine, che in passato avrebbero travolto chiunque; mentre ora i responsabili paiono addirittura fregiarsene.
La sanità astigiana sotto scacco? Stando a quanto si legge parrebbe di sì. Subordinare l’ospedale “Cardinal Massaia” di Asti all’ospedale “santi Antonio e Biagio” di Alessandria e porre in discussione la prosecuzione dei lavori nel nuovo ospedale di Nizza Monferrato, lascia presagire il peggio.
Il piano sanitario regionale che la Giunta Cota ha in gestazione, non può e non deve vanificare decenni di lavoro per la realizzazione di servizi essenziali e di dimostrata validità.
Asti e l’Astigiano non hanno certo timore delle novità, ma temono, a ragione, i colpi di testa. Per evitare i quali si è mobilitata la popolazione, sostenuta dagli amministratori locali, dai consiglieri regionali e dai parlamentari eletti nell’astigiano, dai partiti, associazioni ed enti e da quanti hanno a cuore le sorti del nostro territorio. Lo stato di allerta durerà fino a quando la Regione non fornirà concrete garanzie che quanto si paventa non si verificherà.
Diversamente rischiamo di tornare indietro di cent’anni, come dice Scovazzi sindaco di Quaranti, altro che riconoscimento dell’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità”!.

Mirafiori

Mentre scrivo è iniziato alla Fiat Mirafiori di Torino il voto del referendum, con il quale i lavoratori decidono se accettare o no l’accordo sottoscritto da tutte le sigle sindacali eccetto la Fiom-Cgil.

Si tratta di accordo con più impegnative condizioni di lavoro e di vita per le operaie e per gli operai, in attuazione del quale la Fiat effettuerà investimenti che consentono a oltre 5.000 persone di lavorare con una certa continuità, guadagnando 200-300 euro di più al mese, se tutto andrà come previsto. Attualmente alla Fiat si guadagnano mediamente 1.200 euro al mese mentre nelle fabbriche automobilistiche tedesche oltre 2.000 euro.

Proprio per le sue particolarità l’accordo potrà essere perfezionato nel corso del tempo. Marchionne non ha lasciato alternative: o si mangia questa minestra, o si salta dalla finestra. E il governo di centrodestra ha condiviso questa impostazione.

Nonostante tutto la sfida è aperta e va raccolta e l’esito del referendum sarà quello che conta.

Non vi è dubbio che l’accordo risente della crisi in atto, determinata dai detentori della ricchezza di speculare senza regole sulla finanza, anzicché investire nel lavoro e nell’economia.

Accordo non come “giudizio universale” ma come tappa importante del confronto continuo tra capitale e lavoro, da sviluppare nell’alveo della nostra Costituzione realizzandone il dettato, che attribuisce al lavoro la dignità fondativa della nostra Repubblica.

La Corte Costituzionale ha bocciato – agli effetti pratici – il “legittimo impedimento”, disponendo che siano i giudici a decidere se e quando il presidente del consiglio e i ministri sono legittimamente impediti dal presentarsi in tribunale.

Mentre il provvedimento esaminato, proposto e sostenuto dal governo, prevedeva che gli interessati potessero fruirne semplicemente invocandolo.

E’ morta Lietta Tornabuoni. Era ricoverata in ospedale per trauma cranico a seguito di una caduta e la stavano per dimettere. Giornalista, critico cinematografico in attività. Eccellente professionista, senso del dovere, etica, generosa, colta, spirito libero e indipendente, bella persona. Collaboratrice di quotidiani e settimanali. A “La Stampa” per 40 anni, ove la sua rubrica “Persone” godeva di diffusa e meritata popolarità. Ci mancherà.

10 gen 2011

Way Assauto

La Way Assauto di Asti è stata dichiarata fallita dal tribunale. Della storica azienda per la quale migliaia di lavoratori/trici hanno speso la loro vita e guadagnato la pagnotta per sé e per le proprie famiglie, resta il ricordo.
Oltre cent’anni di attività con un organico che ha raggiunto punte di 3.000 dipendenti ancora nel secondo dopoguerra e un know-how di tutto rispetto, non sono stati sufficienti a convincere alcuni potenziali acquirenti, cinesi compresi, che l’azienda poteva essere recuperata a partire dalle produzioni storiche, per introdurre le innovazioni di processo e di prodotto ritenute necessarie.
Si è giunti a questo punto anche per ragioni obiettive, come l’obsolescenza degli impianti e delle strutture e con il sito in dubbie condizioni di salubrità a motivo delle immissioni nel tempo di sostanze che richiedevano modalità diverse per essere smaltite. Si sono poi avvicendate gestioni non irreprensibili che hanno portato la produzione ed il Personale ai minimi storici.
A ciò s’è aggiunta la neghittosità di chi doveva e/o poteva occuparsene; tra questi le amministrazioni della città di Asti e della Provincia, cogliendo anche l’occasione per interrompere la spirale perversa che ha falcidiato aziende e occupazione già prima che intervenisse la crisi generale in atto. A capo delle quali ci sono un già parlamentare, ed una parlamentare in attività che ha ricoperto ruoli nel governo nazionale di centrodestra. Da essi era normale attendersi che facessero pesare l’importanza dei due Enti e la loro personale autorevolezza per ottenere sorte migliore per l’azienda e per non lasciare sul lastrico i 238 dipendenti rimasti. Nulla di ciò è avvenuto, nonostante che dal territorio si levassero le voci dei dipendenti in bilico, dei sindacati, delle opposizioni in Comune di Asti, in Provincia, in Regione e del parlamentare di centrosinistra, a stigmatizzarne l’operato ed a richiedere un impegno efficace.
Quindi, fallimento anche della cattiva politica, cioè quella di non assumersi responsabilità, di non spendere l’onore di ricoprire ruoli importanti in maggioranza, per contribuire fattivamente a risolvere i problemi o, quantomeno, accompagnarli verso esiti dignitosi ed accettabili.
Esigui o del tutto assenti ormai i margini per recuperare qualcosa con uno scatto in “zona cesarini”. Un tentativo serio, mettendocela tutta, va comunque fatto dal Sindaco di Asti e dalla Presidente della Provincia, per onorare il proprio ruolo istituzionale, difendere il lavoro, la dignità e la vita delle persone interessate e delle loro famiglie e per evitare l’ulteriore impoverimento del tessuto produttivo del nostro territorio.