Dai giornali apprendo della morte di Letizia Leviti giovane moglie e madre di tre figli, giornalista e scrittrice. Il particolare che colpisce è la piena colpevolezza della sua prematura fine a seguito malattia manifestatasi nel 2014.
Ha lottato, ce l'ha messa tutta, ha pregato; la sua vita intensa, dolorosa e amata è stata da lei centellinata racchiudendo probabilmente in due anni quanto possibile del futuro desiderato.
Letizia s'accomiata a viva voce registrata con uno struggente messaggio ai suoi colleghi giornalisti. nel quale c'è il gusto delle cose buone e fatte bene. Venato certo di malinconia, ma dolce, forte, vitale, fiduciosa di sé e verso gli altri, in primis famiglia e lavoro. “Non sono contenta che sia finita così. Però ringrazio Dio perché dalla vita ho avuto tutto, anche di più di quello che potevo desiderare [...]. Non trascurate mai le vostre famiglie neanche per il lavoro.[...] Il lavoro per me è stato fonte di vita. Non dobbiamo accontentare, il giornalismo è verità”.
Un insieme di pensieri, stimolanti, emozionanti che toccano il profondo di ciascuno. “Quando succede una cosa come quella successa a me, è bello sentirsi in pace con il mondo, sentire di avere fatto quello che si voleva fare con sincerità”.
Se c'è del vero nell'assunto che ciascuno vive il tempo necessario per manifestare se stesso per sé e per il mondo in cui è, tutto di Letizia sollecita a considerare la morte non come la perdita di una persona cara ma come il segnale che la medesima ha compiutamente manifestato se stessa, cioè la sua irripetibile eccellente unicità.
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