Gli ordini di grandezza dell’odierna situazione economico-finanziaria dell’Italia sarebbero i seguenti.
Siamo i primi al mondo per competitività nei settori: tessile, abbigliamento, pelli-calzature.
Secondi dopo la Germania nella meccanica non elettronica, nei manufatti cosiddetti di base (metalli e ceramiche), negli occhiali e gioielli in genere, e articoli in plastica.
Insieme a Germania, Cina, Giappone e Corea del Sud abbiamo la bilancia commerciale positiva – vendiamo più di quanto acquistiamo – per i manufatti non alimentari.
Ci riconoscono l’eccellenza nell’automazione, abbigliamento, arredo casa, alimentare.
Non ho visto nell’elenco il posto che occupiamo nell’accoglienza turistica e nella gestione del patrimonio storico-artistico ed ambientale.
Arranca l’Italia che produce per il mercato interno; va bene l’Italia che esporta.
Il nostro prodotto interno lordo (Pil) è di 1800 miliardi l’anno; il debito dello Stato è pari al 130% del Pil; il debito complessivo di imprese, istituti finanziari (banche) e famiglie, è il 270% del Pil.
La ricchezza privata è il 400% del Pil ed è posseduta per il 50% dal 10% degli italiani e per l’altro 50% dal restante 90%.
Se fossimo una grande famiglia, solidale e alla buona, potremmo mettere in comune tutto, cosicché debiti e ricchezza si compenserebbero (un tempo da qualche parte nel mondo si faceva così ogni tot anni), impareremmo dagli errori per non ripeterli, sostituiremmo quanti ci hanno portati nell’attuale difficile situazione, e ci sfideremmo in un giro nuovo sulla giostra della vita.
Siccome siamo un moderno stato democratico, dobbiamo andare più di fino chiedendo a tutti gli italiani di comportarsi secondo l’art. 53 della Costituzione, cioè chi ha di più dia di più, con criteri di progressività, secondo equità e giustizia. Cioè leggeri con chi dispone appena del necessario per vivere dignitosamente, più incisivi nei confronti di quanti posseggono ricchezze consistenti e se lo possono permettere, senza pregiudizio per l’acquisito tenore di vita e quant’altro ad esso correlato.
Con quanti già lavorano e i nuovi occupati che perverranno, specie giovani, protagonisti di un futuro migliore tutto da costruire.
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