C’erano una volta le “cattedre ambulanti di agricoltura” (dalla seconda metà dell’ottocento fino agli anni ’30 del secolo scorso). Si trattava di esperti che si recavano nelle campagne ad incontrare i contadini, all’esperienza dei quali aggiungevano cognizioni moderne, utili per migliorare le coltivazioni ed i redditi. Un’apprezzata modalità per apprendere, che faceva leva sul patrimonio di conoscenze degli interessati e sulla loro capacità e volontà di interloquire su temi loro proprii, congeniali, per ottenere miglioramenti importanti a vantaggio – come si direbbe adesso – dei produttori e dell’intera filiera.
Oggi c’è, forse, lo spazio per “cattedre ambulanti” che ascoltino e ragionino con le persone, a partire da quanto sta loro a cuore, con l’obiettivo di sviluppare insieme conoscenze e consapevolezze diffuse da applicare ai casi della vita, per renderla più confacente ai desideri ed alle aspirazioni di ciascuno.
Se poi i “cattedratici” sono giovani, tanto meglio. Perché essi vivono la modernità con naturalezza generazionale, intesa come risposta ad aspettative, desideri ed esigenze nuove di cui essi sono portatori. Inoltre posseggono strumenti: istruzione, conoscenza, dimestichezza con l’universo informatico; e condizioni personali: stimoli, voglia, energia, coraggio, per essere protagonisti.
Così da poter immaginare un nuovo “Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo, formato da milioni di giovani disoccupati che hanno via via la possibilità di lavorare e di liberare così il potenziale di cui dispongono per innovare e sviluppare la società, affinchè recepisca anche la loro visione della vita e del mondo e vi corrisponda.
Un dinamismo di cui si gioverà anche l’etica e la politica. E perfino le fondamenta della nostra Repubblica democratica.
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