L’Unione Europea ci striglia perché non rispettiamo gli impegni assunti per le “quote latte”, ossia quanto latte possono mungere i produttori per rispettare le norme europee.
In realtà da lustri una minoranza di loro munge di più e non paga le multe che ci vengono comminate. Tanto da maturare un debito complessivo di oltre 4 miliardi di penalità, solo un terzo dei quali è stato anticipato dal governo.
Adesso l’Italia è messa alle strette: o si fa pagare dai produttori che hanno sforato oppure partirà la procedura di infrazione europea a carico del nostro Paese, con ulteriori pesanti sanzioni.
Come se non bastasse il settore lattiero-caseario è percorso da altri guai.
In Friuli Venezia Giulia sono state scoperte frodi che vanno dalla adulterazione del latte con l’aggiunta di acqua, all’utilizzo di antibiotici per prolungarne la freschezza.
Sarà un caso ma tra le persone inquisite ci sarebbe il fondatore del consorzio che annovera tra i suoi soci i produttori che non rispettano la regola delle quote latte.
Negli allevamenti di bufale al Sud il problema è l’inquinamento territoriale ed ambientale che peggiora la qualità del latte e, conseguentemente, delle mozzarelle Dop, come raccontato da “Servizio Pubblico” del 20 giugno scorso su La7.
Per metterci una pezza i produttori si approvvigionano all’estero del latte occorrente in modo non del tutto trasparente, innescando una spirale perversa che porta i produttori e l’industria casearia a non poter garantire la qualità del prodotto ed a lavorare in perdita.
Risanare territorio e ambiente è l’unica via seria da percorrere.
A Canelli l’Antica Cantina Cooperativa è stata posta in “liquidazione volontaria pilotata”. Nella sostanza si tratta di una procedura in forza della quale i soci ricevono un acconto del 40% sui loro crediti per le uve conferite, con il saldo nel tempo a venire quando sarà possibile.
Salvi i 30 posti di lavoro di cui si è fatta carico la “Canelli Wine Trading”, gruppo a sé, il cui capitale sociale è per il 51% dei ex soci della cantina in liquidazione.
Per Roberto Marmo, presidente e deputato del Pdl il rammarico di non avercela fatta a rilanciare l’attività, dopo esserselo ripromesso nel 2003 quando accettò di occuparsene.
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