I giornali del 14 novembre scorso hanno raccontato che alla recente asta di Christie’s a New York, un trittico di Francis Bacon è stato venduto per la somma record di 142,4 milioni di dollari. Lasciando intendere che l’acquirente, per conto del quale ha operato un mercante d’arte, possa essere un magnate della Repubblica Popolare Cinese.
In pari data “La Stampa” pagine di Asti, ha titolato su quattro colonne un benaugurante: “Alla Waya si è tornati a fare ammortizzatori”, subito temperato dal sottotitolo: “Il sindacato frena: piccolo segnale, ma nessuna illusione”.
Com’è noto la storica fabbrica di Asti, dopo molte vicissitudini è stata acquistata qualche anno fa ad un prezzo di saldo, poco più di un milione di euro, da una multinazionale cinese.
E degli oltre 200 operai ancora in forza all’azienda al momento dell’acquisto, ora ne sarebbero tornati al lavoro una ventina, tutti con contratti a termine.
I due fatti suggeriscono alcune riflessioni.
Il boom iniziato in Cina sul finire del secolo scorso, ha consentito l’accumulo di enormi ricchezze, con il lavoro a ritmi elevati e orari protratti di moltitudini di persone.
Queste ricchezze finiscono spesso nelle mani di nuovi personaggi, che emergono dai repentini e profondi mutamenti che si verificano nella società.
I quali anziché disporne il reimpiego a sostegno dello sviluppo per tutti, possono privilegiare il piacere, l’emozione ed il godimento personale, derivante dal possesso e dalla visione riservata di opere d’arte uniche ed irripetibili.
Mentre nel nostro caso basterebbe un investimento pari al 10% di quanto speso per acquistare i tre quadri, per ridare slancio all’attività produttiva della Way Assauto, riportando al lavoro gli operai ancora a casa.
Dando così della Cina l’immagine comprensibile di un grande Paese che condivide il comune impegno per un progresso globale.
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