25 mar 2011

1973

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato la risoluzione n. 1973 che, in sostanza autorizza l’uso della forza, cioè la guerra, per impedire a Gheddafi di reprimere nel sangue l’insurrezione avviata dal popolo libico contro il suo dispotismo.

In attuazione di questa decisione il 19 marzo scorso una coalizione formata da: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Italia ed altri, ha avviato un’azione militare denominata “Odissea all’alba”, bombardando installazioni ed altri obiettivi e mezzi dell’esercito di Gheddafi.

Lo stop imposto al delegittimato rais, è stato giudicato favorevolmente dalla comunità internazionale. Ora gli insorti  devono evitare che il Paese diviso cada nel caos, essendo labile l’organizzazione su cui essi possono contare. Lavoro questo che non può che essere svolto dagli stessi libici, insieme alla rimozione del Colonnello e delle strutture che lo sostengono ed al consolidamento dei rapporti con la Lega araba.

Non v’è dubbio infine che la presenza di importanti giacimenti di petrolio e di gas, abbia contribuito a  motivare l’intervento, a seguito del quale il controllo e la gestione dei medesimi competerebbero a forze più responsabili, che rappresentano la volontà popolare.

In Giappone s’è riusciti a mettere una pezza  al reattore in grave avaria della centrale nucleare di Fukushima e sembra scongiurato il rischio di maggiori guai per la fuoruscita di ulteriore radioattività.

Siccome è bene quel che finisce bene, si può quindi continuare come se nulla fosse, costruendo i nuovi impianti, già previsti, solo più in alto della quota raggiunta dall’onda dello tsunami?

Pare che le cose non andranno così, ma che ci si potrebbe orientare a non costruirne di nuovi ed a sostituire quelli obsoleti  con impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili. Diffondendo intanto la buona pratica dell’utilizzo oculato dell’energia disponibile.

In Italia le piogge delle scorse settimane hanno riproposto il problema della stabilità del suolo, della copertura arborea dei pendii dei bacini imbriferi, della portata dei corsi d’acqua e di quanta se ne dovrebbe conservare in forma solida (neve, ghiaccio), per evitare che quella liquida in eccesso possa combinare guai all’ambiente trasformato dall’attività umana.

Sappiamo che l’acqua è sempre la stessa da che mondo è mondo, conosciamo le regole che governano la stabilità del suolo e l’integrità dell’ambiente e siamo edotti dei rischi che corriamo se non le osserviamo.

Ma per intervenire nell’ambiente e sul territorio non occorre la patente e nessuno ci toglie i punti o ce la ritira se la combiniamo grossa. Cosicché continuiamo impunemente a trasgredire le regole e il buon senso, illudendoci di farla franca.

Invece paghiamo un prezzo sempre più alto in termini di vite umane e di danni materiali. E così sarà fino a quando non faremo – parafrasando il titolo di un bel libro di Barry Commoner – la pace col Pianeta.

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