In Italia è all’ordine del giorno la richiesta di una disciplina delle unioni tra persone, diverse dalla famiglia tradizionale. Si tratta di un fenomeno che ha ormai assunto una significativa valenza sociale. Altri Stati vi hanno provveduto.
Il dibattito è aperto e sono già state formulate proposte, giunte in Parlamento senza diventare legge.
Qualche Comune ha cercato di dare a queste unioni una parvenza di legalità, forzando un po’ la mano all’ordinamento esistente.
Le maggiori difficoltà si manifestano quando si tratta di unioni tra persone dello stesso sesso, che sono anche le più attive nel richiedere un riconoscimento. La loro consistenza è cresciuta, sia per la scelta di esplicitare questa esigenza, sia perché la scienza aiuta a capire meglio le ragioni che presiedono l’instaurarsi di rapporti affettivi così implicanti.
D’altro canto per trovare società evolute con la presenza di comportamenti analoghi e riconosciuti, bisogna rifarsi al mondo greco antico. Successivamente ed ancora in tempi a noi più vicini, essi sono stati stigmatizzati con rozze generalizzazioni di comodo, emarginando e perseguitando le persone interessate.
Ora si ritiene che questo modo d’essere sia riconducibile alle diversità dispensate da madre natura, su cui possono influire atteggiamenti personali, volti a disciplinare in vario modo le rispettive propensioni.
Qui giunti, è evidente il dovere dei governanti di porre a disposizione della totalità dei cittadini, i necessari strumenti per l’esercizio pieno dei loro diritti di cittadinanza, secondo lo spirito e il dettato della nostra Costituzione. Tenendo conto della notevole quantità di lavoro svolto e disponibile.
Abbandonando ogni remora di qualsivoglia natura ed attenendosi strettamente al principio che si tratta di cittadini che rivendicano la possibilità di esprimere al meglio se stessi, come tali, nel consesso civile di appartenenza.
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