Nei giorni che seguirono l’8 settembre 1943, non ancora undicenne ero a casa a Borgovecchio di Villafranca d’Asti insieme a mia mamma e ai miei due fratelli più piccoli. Papà era frenatore sui treni merci a Torino e veniva a casa in bicicletta ogni tanto.
Quel poco che sapevo su come andavano le cose nell’Italia in guerra lo leggevo nei titoli dei giornali che ritiravo al treno da Torino e portavo a piedi alla cartoleria Riccio in paese di fronte alla Parrocchiale.
Il generale Badoglio aveva parlato alla radio annunciando la firma dell’armistizio con gli anglo-americani per porre fine alla guerra.
In tutte le case si presentavano giovani militari sbandati che chiedevano vestiti borghesi e davano in cambio i loro indumenti militari.
Mamma distribuì alcuni pantaloni e camicie di papà, scegliendo capi da tutti i giorni, lisi ma dignitosi. Alla fine a noi restò un cappotto da aviere da cui, opportunamente tinto, si ricavarono un cappottino ed un paio di calzoni alla zuava per noi ragazzotti.
Poi i nostri soldati che non si arresero ai tedeschi invasori, i fascisti con la repubblica sociale italiana (rsi) di Salò, i Partigiani, la Resistenza, l’epopea del 25 aprile 1945 che ridette dignità al nostro Paese; infine in risalita dal Sud l’arrivo degli americani.
Nel Cile del socialista Salvador Allende l’11 settembre del 1973 ha significato il tradimento di Pinochet generale fellone, che doveva garantirgli la sicurezza, ed una pessima pagina dei servizi segreti Usa che dopo avergli montato contro pezzi di società hanno paralizzato il paese con lo sciopero degli autotrasportatori. Come atto finale bombardarono la Monada sede del governo e del parlamento a maggioranza di Unità Popolare, legittimamente eletto.
Il colpo di stato militare aprì la strada alla repressione degli oppositori e dei diritti civili e politici. Il martirio di Allende tramanda ai posteri l’esempio austero di fedeltà al popolo ed alle istituzione democratiche fino al sacrificio di sé.
L’11 settembre 2001 intento a fare cose mie, mi raggiunge per telefono Giorgio nostro primogenito: un aereo s’è schiantato contro una delle Torri gemelle di New York, dice concitato, accendi la tv!
Una visione drammatica. Di intensità insostenibile quando poco dopo un altro aereo s’incastrò nella seconda Torre.
L’apocalisse il crollo di entrambe consumate dal fuoco subito divampato; un’ecatombe: oltre tremila i morti.
Un altro aereo kamikaze colpì il Pentagono a Washington, ed un quarto cadde in Pennsylvania a seguito della rivolta dei passeggeri contro i terroristi che lo stavano dirigendo contro chissà quale bersaglio: altre centinaia di morti.
Un coordinato attacco terroristico con gravi contraccolpi negli Usa e in tutto il mondo.
Pesanti le conseguenze: guerra in Afghanistan, e crisi economico-finanziaria le più evidenti e tuttora in corso.
Prevenire ed essere preparati a difendersi e praticare la pace con incrollabile operosa fiducia, è la lezione che si può ricavare da questi drammatici eventi.
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