Dappertutto nel mondo la produzione di latte è in aumento: i 665 milioni di tonnellate dell’anno 2008 sono diventati 780 milioni nel 2013. L’incremento minore si è avuto nell’Unione Europea dei 28 Stati con + 2,15%; quello maggiore in India con + 40%.
L’Europa è il maggiore produttore di latte in assoluto con 157 milioni di tonnellate all’anno.
Di fronte a queste cifre si resta di sasso constatando che in Italia per ogni euro speso per prodotti lattiero-caseari solo 17 centesimi vanno ai produttori del latte; pochi troppo pochi addirittura insufficienti a coprire le spese.
Infatti delle 181 mila aziende esistenti nell’anno 1989 ne rimangono oggi meno di 40 mila.
Non va meglio per la produzione di cereali destinati alla vendita, al punto da indurre gli agricoltori a limitare la produzione al solo fabbisogno aziendale.
Nel passato non così remoto le cose andavano diversamente.
L’incidenza della materia prima sul prodotto finale (per i cereali: pane, pasta e prodotti da forno in genere) era del 25-30%, cioè di 25-30 centesimi per ogni euro speso.
Colpa della globalizzazione che omologa tutto al basso e la differenza qualitativa non è più riconosciuta?
Per il latte iniqua distribuzione delle risorse tra gli operatori della filiera a danno dei produttori?
C’entrano i prodotti Ogm e le smodate produzioni per ettaro che essi consentono?
Si tratta di maggiori costi che le aziende agricole italiane devono sostenere per concorrere alla sicurezza territoriale ed ambientale, attesa la fragilità del sistema e la poca cura che la mano pubblica vi dedica?
A queste domande ed a quant’altre si potranno porre occorre fornire risposte soddisfacenti ed adoperarsi per rimuovere le cause che attentano alla sopravvivenza stessa del settore agricolo e per conseguenza al “Made in Italy” alimentare che si fonda e si fonderà sempre sulla qualità dei prodotti della terra.
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