Giorgio Napolitano è stato di parola, aveva promesso che il suo secondo mandato (prima volta nella storia della Repubblica) sarebbe terminato quando le riforme necessarie per l’Italia fossero fatte, o in corso o almeno iniziate.
Così è stato.
La data delle sue dimissioni, appena successiva alla scadenza del semestre di presidenza italiana del Consiglio d’Europa - formato dai capi di governo dell’Unione Europea - la dice lunga sulla sua sensibilità politica e l’alta considerazione per l’Unione ed il ruolo che vi svolge il nostro Paese.
Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica, eletto alla quarta votazione con 665 consensi sui 1009 aventi diritto al voto.
Si è giunti alla sua candidatura con una procedura insolitamente sollecita ed esplicita, ampiamente condivisa avendo sfiorato la maggioranza dei due terzi per essere eletti nelle prime tre votazioni.
Il Governo con il Partito Democratico asse portante, hanno fatto la loro parte per costruire le necessarie convergenze e dare all’Italia una figura simbolica di Capo dello Stato, rappresentante dell’unità nazionale e garante della Costituzione, capace di compendiare ed esprimere il meglio del Paese sia all’interno che in Europa e nel Mondo.
Il primo pensiero del neoeletto Presidente “alle difficoltà ed alle speranze dei concittadini” poi la visita-omaggio alle Fosse Ardeatine.
Un buon viatico arriva dall’Istat secondo cui recentemente si sono creati centomila nuovi posti di lavoro (modesti se confrontati con i milioni di quelli persi, ma significativi per l’inversione della tendenza) e la disoccupazione e scesa al disotto del 13%.
Se “il buon giorno si vede dal mattino”, ovvero “chi ben inizia è a metà dell’opera” si può quindi dire che il settennato di Sergio Mattarella è partito col piede giusto.
L’augurio è che prosegua e che gli italiani e le italiane continuino a mettercela, perché alla resa dei conti sono poi loro che fanno la differenza.
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