Il lavoro, poi la politica e lo sport sono parte ordinaria del mio quotidiano.
Dopo avere visto il 12 giugno Brasile-Croazia, prima partita del XX° Campionato mondiale di calcio in Brasile, sono tentato dalla metafora calcio-politica.
Vediamo.
Il Brasile è un grande Paese nel quale è in corso un cambiamento epocale che porta milioni di persone alla dignità di cittadini con la democrazia.
Per organizzare questo mondiale ce l’hanno messa tutta con risultati soddisfacenti.
Nel calcio il Brasile produce talenti da sempre e li esporta in tutto il mondo.
È un popolo gioioso e vitale; tantissimi giocano a calcio, tutti desiderano vincere sempre: dai ragazzini del campetto su terreno di risulta tra case affastellate, ai nazionali verde-oro.
Tre ragazzi/e dal centrocampo liberano in volo altrettante colombe bianche.
S’inizia.
Ed è subito gelo nello stadio quando Marcelo devia nella sua porta un passaggio croato filtrante rasoterra.
Poco prima il governo italiano era andato sotto alla Camera su un emendamento che consente ai cittadini di denunciare il proprio giudice, qualora ravvisino errori nel suo comportamento. Aggiungere ulteriori cause ai milioni di giacenti insolute è proprio la cosa migliore ed efficace?
In ambedue i casi occorre rimediare.
Per il Brasile ci pensa Neymar con un gollonzolo lemme, lemme nell’angolino in basso a destra.
Per il governo dovrebbe provvedere il Senato.
Adesso bisogna vincere, e non lo si fa da soli ma con chi ci sta.
Il Brasile avvalendosi dei tifosi prima perplessi, ora speranzosi e dell’intero Paese. Attraverso misteriose affinità elettive la squadra entra in sintonia con loro ed inizia a giocare bene come sa; che è l’unico modo per tentare di vincere non solo una partita ma il mondiale.
L’arbitro giapponese accurato ed educato fischia un generoso rigore per la squadra di Scolari: batte ancora Neymar, il portiere intercetta ma non evita il gol.
Capita, è il bello della vita. La Croazia mastica amaro ma risponde colpo su colpo. Bravi.
Dalla Cina Matteo Renzi presidente del Consiglio dichiara che non si farà condizionare da un riottoso gruppetto di senatori PD che richiamano l’art. 67 della Costituzione sull’esercizio delle loro funzioni senza vincolo di mandato.
Certo che sì, ma la dialettica politica: tesi, antitesi, sintesi deve fare la sua parte prima di arroccarsi; specie di questi tempi dove i fattori, campo, ambiente e coesione democratica possono fare la differenza per riavviare l’economia e la vita dell’Italia sui valori costituenti di giustizia, equità e condizioni di vita migliori soprattutto per chi sta peggio.
Proprio sul finire la puntata di Oscar nell’angolino opposto al primo, toglie ogni dubbio sulla legittimità della vittoria costruita dall’intero Brasile e concretata dalla squadra che ne è l’espressione.
Perché la politica Italiana non può fare altrettanto senza arzigogolare troppo?
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