Nelle settimane scorse Cina e Stati Uniti hanno concluso un accordo in forza del quale gli americani nei prossimi 10 anni ridurranno del 25% le emissioni dei gas che producono l’effetto serra (anidride carbonica – CO2 – il principale).
Mentre per i cinesi questa riduzione scatterà dal 2030.
Nel frattempo entrambi dovranno ricavare da fonti rinnovabili non inquinanti almeno il 20% del loro fabbisogno energetico.
Se ci si ricorda dell’ostracismo messo in atto dagli Usa con il presidente Bush, all’applicazione del protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas inquinanti, si comprende la portata storica dell’accordo raggiunto.
Gli americani ci sono arrivati anche per l’inverno polare di quest’anno che ha causato la riduzione record del loro Pil (Prodotto interno lordo) nel quadrimestre corrispondente, nonché per la siccità che dura ormai da due lustri nelle regioni occidentali del Paese.
Secondo gli esperti tali fatti sono in stretta relazione con l’inquinamento ambientale.
Per parte sua l’Europa è all’avanguardia in quanto applica già il protocollo di Kyoto e sta programmando ulteriori consistenti riduzioni delle emissioni, con vantaggi per la salute dei cittadini e per la tutela e salvaguardia del clima.
Il salto di qualità sarebbe imparare presto la prevenzione e la manutenzione territoriale e ambientale.
Sempre a proposito di clima, ma sociale e culturale, si riporta testualmente la chiusa della lettera della giovane professoressa universitaria Benedetta Barbisan pubblicata da “La Stampa” del 13 novembre scorso riguardante il ruolo ed i metodi con cui dovrebbero operare le università italiane per rendere il servizio loro proprio.
“L’Italia ha bisogno di una classe dirigente per il futuro e le università sono le istituzioni chiamate a formarla. La classe dirigente italiana del futuro ha bisogno di conoscenza e schiena dritta. Non basta insegnare il calcolo differenziale, il diritto tributario o la storia antica. Servono l’esempio, la pratica quotidiana del rigore, il rispetto della legge, qualità, coraggio e un po’ di fantasia. Sogno un’università così, fatta di esempi da imitare, di parole che ispirino i giovani e facciano venir voglia di essere migliori. Certamente lunga è la strada e assai complicata, e ho abbastanza esperienza di come vada il mondo accademico italiano per non farmi illusioni. Rivendico il diritto, però, di impegnarmi per un’università in cui aspirazioni come la mia - che è quella di tanti - non siano solo l’incanto degli ingenui, e considero un autentico privilegio insegnare nel mio piccolo”.
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