Ho il Toro nel cuore da quando mi ricordo.
Attraverso la voce di Nicolò Carosio, ho vissuto le imprese del Grande Torino di cui ho pianto la tragica scomparsa a Superga.
Nel tempo s’è affievolita la “verve” non l’affetto.
Quest’anno ne ho seguito le vicende guardando le partite alla tivù.
Spesso mi sono divertito per il gioco praticato e qualche volta doluto per la penuria di risultati positivi corrispondenti.
Nella parte finale del torneo ho temuto di tornare nel purgatorio della B, dopo solo un anno di sofferto paradiso in A.
Poi ho sperato che giocando da Toro ce l’avremmo fatta, senza dover contare sulle disgrazie altrui.
Mercoledì 8 maggio con il Genoa il pari era nell’aria, ma giocando una partita vera, mi son detto, magari 3 a 3.
Invece ho visto un simulacro, una parodia di gara, senza gol, con una specie di timore di segnarne da ambo le parti (nei minuti finali il Genoa ha battuto un calcio d’angolo passando la palla indietro verso la sua metà campo!).
Tutto lo stadio – che nel minuto di silenzio per la scomparsa di Giulio Andreotti aveva esposto tantissime fotografie di Falcone e Borsellino – ha subissato di fischi le squadre in campo per la non partita che, come tale, legittimerebbe la restituzione del prezzo del biglietto.
Per restare nella massima divisione è pure lecito fare questo, una sorta di risarcimento per le numerose volte che per un nonnulla i punti non sono arrivati? Mah!
Personalmente ritengo che le partite vadano giocate come si deve, come d’altronde le altre cose della vita, e che male non ne possa venire.
E che comportamenti diversi siano già male in sé.
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