Nella prima parte del 2015 sono maturate le condizioni per passare dalla crisi che perdura dal 2008 a un cambio di senso, con tenui ma significativi segnali di crescita del Pil, la creazione di nuovi posti di lavoro, la ripartenza dell’attività produttiva, l’aumento degli acquisti sul mercato interno, diffusi segnali di fiducia.
Il tutto attribuibile ad alcune riforme che governo e parlamento hanno varato (del lavoro ma non solo), ad altre il cui iter sta giungendo a conclusione (giustizia, elettorale), ovvero è stato avviato con apprezzata determinazione (scuola).
Ma avvalendosi anche di concomitanti favorevoli condizioni più generali come lo spread sotto quota 100 con il risparmio di parecchi miliardi di euro l’anno di interessi sul debito pubblico, tendenziale allineamento euro-dollaro che aiuta le nostre esportazioni, immissioni di consistenti quantità di moneta da parte della Bce governata da Mario Draghi attraverso l’acquisto di titoli del debito pubblico di stati membri dell’Unione Europea, riduzione del costo del barile di petrolio da 90 a 50 euro che fa risparmiare sulle importazioni e sulle bollette che ne sono influenzate.
Per il verificarsi di queste ultime e per quanto riguarda l’Unione Europea la politica ci ha messo utilmente lo zampino, accelerando consapevolezze sull’importanza di agire sempre più come Unione anzicché come semplice sommatoria di singoli stati membri.
Malgrado siano in atto conflitti di non poco conto in realtà che forniscono o sono attraversate da prodotti energetici verso l’Italia e l’Europa come in Libia ed in Ucraina.
Come Paese mediterraneo siamo chiamati a fare la nostra parte in quest’area turbolenta dimostrando che è possibile risolvere i problemi senza le armi (se non si è tirati per i capelli), sempre nell’ambito di decisioni assunte dai preposti organismi sovranazionali (Onu), coinvolgendo e valorizzando espressioni riconosciute e rappresentative delle realtà in cui s’interviene.
Avendo sempre ben presente che nel mondo interdipendente, condizioni di vita dignitose devono essere alla portata di tutti quelli che contribuiscono con il loro lavoro a produrre la ricchezza necessaria perché ciò sia possibile.
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