È di tutta evidenza che la crisi pesa di più su cittadini e famiglie con modesti redditi fissi da lavoro dipendente o pensione, e su quanti il lavoro non ce l’hanno, o l’hanno perso, o sono in cassa integrazione.
E che questa situazione ha coinvolto significative porzioni di lavoratori autonomi, tanto da stimare che i poveri in Italia, secondo i parametri correnti per indicare questo stato, sfiorino ormai il quinto della popolazione, cioè 12 milioni circa.
Di pari passo sono aumentate ansie, preoccupazioni, timori, paure ed è diminuita la fiducia di poter uscire senza ulteriori danni da questo difficile e lungo periodo, scandito da episodi drammatici con la perdita di vite umane.
Con lo stagnare di iniziative di quanti potrebbero fare, intraprendere, creare lavoro, inducendoli a ritirarsi nel proprio guscio in attesa di tempi migliori, non si sa da chi promossi e attuati, né quando. Per vincere questa riluttanza contagiosa non basta la constatazione che qualche timido segnale di ripresa pur s’intravvede, ad opera di coraggiosi che non si danno per vinti; pochi tra quanti portano responsabilità di classe dirigente a livello politico, economico, finanziario, culturale, etico.
Allora cosa occorre fare per ridare fiducia all’Italia del lavoro ed a quella che dispone delle risorse per alimentare la ripresa; in cui tutti abbiano stimoli ed interesse ad essere della partita?
Ma sant’Iddio, bisogna constatare insieme, certo da punti di vista molto diversi: l’élite finanziaria che dalla crisi ci guadagna, quanti hanno beni e risorse cospicue da salvaguardare, i più che hanno dato fondo a tutti i risparmi per stare a galla, fino alla moltitudine dei senza lavoro, che abbiamo solo da perdere se il malessere scalfisce, intacca, indebolisce la democrazia.
Traendone le debite, eque e responsabili conclusioni.
Perché la democrazia è presidio essenziale e leva potente per riformare le regole ed eliminare storture ed ingiustizie sulle quali si regge lo statu quo, che frena il cambiamento verso un’economia nuova e di qualità, per stare bene tutti.
Quindi da subito ogni atto di governo, anche il più modesto, a partire dai Comuni fino allo Stato, deve realizzare un tassello del previsto e noto mosaico di riforme, migliorando in pari tempo le condizioni di vita di cittadini, famiglie, lavoratori, imprese, attribuendo la priorità a quanti stanno peggio.
Ed ogni cittadina/o pretenda e verifichi che venga fatto non meno di questo.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per il tuo commento. A presto.