3 lug 2015

Non era mai successo prima.

Già in passato ragionammo di autostima e di quanto essa conti nei fatti della vita.

A riprova che le cose stanno così c'è la storia della nazionale brasiliana di calcio che stenta a ritrovarsi e ad esprimere il meglio di sé dopo la batosta subita di fronte al suo pubblico al mondiale 2014 contro la Germania: 7 a 1.

Non era mai successo prima.

Da allora pur con alti e bassi pareva che l'inimmaginabile fosse stato metabolizzato, e il lutto dell'intero Paese elaborato.

Sostituito il Commissario Tecnico si è ricominciato.

Ahimè, alla prima prova importante la nazionale verde-oro è mancata all'attesa uscendo nei quarti dalla “Copa América”, sconfitta dal modesto Paraguay 4 a 3 ai calci di rigore.

Il nuovo C.T. Dunga dà la colpa ad un virus influenzale che gli avrebbe falcidiato l'organico; può darsi che anche questo abbia avuto la sua parte nel rendimento della squadra.

Con il limite che sto dall'altra parte del Pianeta e ragiono rispetto a quanto leggo e vedo in tivù, propendo per una crisi collettiva dell'autostima, ben più importante dell'influenza.

Crisi di cui c'è traccia nei comportamenti di singoli atleti che giocano in varie importanti squadre in giro per il mondo: leggerezze, falli di troppo, nervosismo eccessivo rispetto ai comportamenti normali di ciascuno.

Quando ci si ritrova insieme in nazionale anzicchè eccellere come singoli ci si dispera nell'intimo, diventando inadeguati per sé e remora per la squadra.

Affiancare al C.T. una persona che aiuti ad archiviare nell'apposita parte del cervello il ricordo che danneggia , potrebbe essere la cosa da fare per ridare lustro a questa nazionale.

Oppure costruirne un'altra nella quale non ci siano giocatori di quella che ha perso 7a1 contro la Germania.

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