La lettera al Direttore (La Stampa 18 luglio scorso) del sig. Lorenzo Gnavi Bertea tocca un punto dolente dell’economia globale con implicanze non da poco, che mi permetto di riassumere nel dilemma: i limiti della crescita quantitativa; lo sviluppo qualitativo infinito; cui ha già risposto in modo logico e competente l’autore della lettera.
Da parte mia solo alcune riflessioni stimolate dalla stringente attualità del tema.
Sul fatto che non si possa pensare ad un infinito sempre di più in una Terra fisicamente finita, limitata, si é già espresso nei primi anni sessanta del secolo scorso il Club di Roma con Aurelio Peccei autore de “I limiti della crescita”.
Il trascorrere del tempo ha solo confermato, dati alla mano, le intuizioni di allora.
Mentre si sta facendo strada la sempre più chiara e condivisa idea che si debba puntare sulla qualità, per uno sviluppo equo, solidale e duraturo che non rinunci al benessere ma lo fondi sulla presa d’atto della limitatezza oggettiva, fisica delle risorse non rinnovabili esistenti sulla Terra.
Penso all’acqua potabile limitata all’1% di tutta quella esistente e sempre la stessa da milioni d’anni; se tutti i 7 miliardi di persone che abitano il pianeta vi attingessero con gli stili di vita dei cosiddetti Stati sviluppati, saremmo già oggi al collasso.
Per non parlare delle cattive condizioni dell’aria e delle drammatiche conseguenze per il peggioramento delle condizioni di vita e dello stravolgimento delle condizioni meteoriche globali, costosissimi dal punto di vista umano ed economico. E del consumo anomalo del terreno coltivabile e l’avanzare della desertificazione.
Sulla ormai ridotta disponibilità di combustibili fossili non ci sono dubbi; così dicasi di alcuni minerali particolarmente importanti il cui consumo è aumentato a dismisura.
Il rimedio a tutto ciò non può che essere la qualità, cioè un bene immateriale infinito, frutto delle facoltà più evolute del genere umano come cervello e mente; finalizzata al benessere dei viventi, sulla base di valori e stili di vita nuovi che vi corrispondano e la sviluppino.
Utilizzando quanto rimane di risorse naturali non rinnovabili per preparare il nuovo; rinunciando intanto a quanto contraddice questo nuovo indirizzo, tra cui gli armamenti, e le attività inquinanti che recano pregiudizio ai viventi: genere umano, animali, vegetali; ovvero alterano gli equilibrii ecoambientali ed i ritmi naturali del pianeta.
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