È giunta la lettera di una delle organizzazioni non governative impegnata a contrastarla in Guinea, Sierra Leone, Liberia, Senegal, Nigeria.
Racconta di come in una famiglia di cinque persone si sia salvata solamente la più grande delle tre figlie: 13 anni.
Si tratta di un virus che alligna dove le condizioni di vita sono grame e dove l’acqua corrente è un sogno; ed anche il cibo è quello che è, e molte delle altre cose essenziali che noi diamo per scontate non ci sono affatto.
Quindi si può dire che la causa principale di Ebola è l’indigenza in cui vivono le popolazioni dei Paesi che ne sono colpiti.
L’Ebola non conosce confini ed è già arrivata in Europa.
Conseguenza della globalizzazione? Certo viaggiamo di più: noi europei per diporto o lavoro; gli africani perché costretti da condizioni impervie di vita e/o da guerre.
Diamoci una mano; prima di tutto per senso di solidarietà umana tra persone e popoli; poi perché vivere in salute è un diritto di tutti, possibilmente ciascuno a casa propria, cioè non essere costretti a cercare altrove condizioni per una vita dignitosa.
L’Ebola va contrastata e vinta dove si manifesta. Ed occorre lavorare per migliorare le condizioni di vita delle persone che sono lì per evitare che si ripeta.
Come si sa tocca ai governi ed alle organizzazioni internazionali farsi primariamente carico di tutto questo.
Ma l’attenzione, l’impegno e un contributo finanziario da parte di ciascuno di noi, fatto pervenire attraverso canali con cui si ha dimestichezza continua ad essere una pratica insostituibile ed efficace. Specie in questo caso dove le persone e le famiglie che si ammalano sono tante e non avendo la possibilità di curarsi il rischio di morire è molto elevato.
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