Su una cosa l’Italia è d’accordo: per mantenere il lavoro che c’è e per crearne di nuovo occorrono investimenti.
Mentre si opera perché gli investimenti arrivino anche dal mondo, bisogna attingere dalle risorse autoctone, nazionali.
Esse sono 4 mila miliardi di risparmio privato di cui il 90% nella disponibilità del 10% degli italiani più ricchi.
Una modesta, giusta parte di queste risorse può essere prelevata nel rispetto del dettato costituzionale (art. 53) e destinata alla priorità delle priorità: creare nuovo lavoro.
Un contributo significativo insieme a quanto già si fa ed un segnale di giustizia e fiducia da non sottovalutare. Con il resto che bolle in pentola giudicato utile ma non sufficiente, potrebbe fare addirittura la differenza.
Non so se Eugenio Scalfari abbia in mente questo quando invita i “padroni” a cacciare le palanche. O Diego Della Valle quando si annovera tra quanti possono, disponibili a fare la loro parte se chiamati.
Per certo esiste tra i privilegiati una parte consapevole dei proprii doveri, specialmente in situazioni particolari come quella che stiamo attraversando.
Ed anche chi è disponibile, seppure motivato dalla meno nobile ragione che “tirare troppo la corda” potrebbe mettere in discussione i privilegi, quindi conviene prevenire.
Ancora due parole sulla democrazia correttamente praticata, specialmente quando occorre convincersi e convincere che quanto si sta facendo è il meglio possibile.
Bisogna informare, ragionare, discutere quanto occorre per porre quanti lo desiderano nella condizione di comprendere i problemi e di poter contribuire consapevolmente alla loro soluzione.
Siccome i problemi sono creati da tutti, è essenziale che tutti o quanti più possibile, partecipino alla ricerca ed alla costruzione delle soluzioni.
Altrimenti le medesime non possono essere buone come ci si aspetta e sarebbe necessario, perché nessuno è in grado di fare la parte degli assenti, essendo ognuno di noi un’entità unica ed irripetibile.
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