Di S. Secondo a Torino ricordo il parroco monsignor Pinardi di Castagnole Piemonte poi diventato vescovo.
Lo conoscemmo sul finire del 1960 quando avviammo il Centro di Attività Sociali al n. 11 della via omonima.
Informato che eravamo un gruppetto di giovani variamente assortito che ci occupavamo di problemi del nostro tempo, monsignor Pinardi venne a farci visita per conoscerci. Parlammo, ci invitò a continuare e lasciò un contributo per riscaldarci con la stufetta a legna sistemata nell’ingresso.
Un altrettanto attento parroco per quanto gli capita intorno, è l’attuale don Mario Foradini il quale in un recente articolo (La Stampa 8.10 scorso) propone di abolire il lavoro straordinario in Italia. Egli asserisce che nel nostro Paese i cittadini che lavorano fanno mediamente il 25% delle ore in più dei tedeschi e il 23% in più dei francesi, e che con l’abolizione si otterrebbero 770 mila nuovi posti di lavoro.
Così mamme e papà troppo occupati potrebbero dedicarsi con serenità e in armonia alla famiglia Mentre i senza lavoro insieme al pane quotidiano acquisirebbero la dignità mai avuta di poterlo svolgere, ovvero ricupererebbero quella perduta al suo venire meno.
Dopo riflessioni sugli ulteriori inconvenienti non da poco e le storture che il pluslavoro degli occupati determinerebbe, don Foradini auspica che la Fiat internazionalizzandosi abolisca il lavoro straordinario come hanno già fatto gli Stati Uniti.
Leggendo l’articolo di don Foradini torna in mente lo slogan sindacale di altri tempi: “ Lavorare meno, lavorare tutti” che allora parve utopico.
Se però la sua carica innovativa riaffiora dall’esperienza sul campo di un pastore di anime che si occupa anche dei corpi, allora vale la pena di riconoscergli una sua attuale validità.
Ed agire di conseguenza.
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