I cittadini sono disamorati dalla politica perché ritengono che non li aiuti ad uscire dalle secche della crisi; votano poco più del 50% degli aventi diritto e sono rimasti pochi quelli che prendono la tessera del partito per cui votano.
Eccetto per i congressi perché prevale chi ne ha di più dalla sua parte. Conquistato il partito non si sa poi cosa farne perché conta sempre meno e nelle sue sedi ci vanno in pochi.
Non è pressappoco così che sentiamo dire e che vediamo scritto sui giornali?
E giù cifre e percentuali che dimostrano l’assunto!
Siccome della politica, cioè di qualcuno che ci aiuti a far diventare progetti le opinioni, c’è bisogno, se non è il partito ci sarà qualcos’altro che si presterà a farlo. Con nome e procedure magari diverse, sempre con metodo democratico, perché c’è di mezzo addirittura la Costituzione. (Art. 49. Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale).
Oppure ci si affida a chi ne sa di più per trarci d’impiccio? Come una cambiale in bianco?
Tutte cose già sperimentate con risultati non buoni od anche pessimi.
La democrazia come metodo così come la conosciamo, è il meno peggio di quanto escogitato finora per vivere insieme in modo accettabile.
Essa presuppone che ciascun cittadino faccia la sua parte. Perchè essendo ciascuno di noi portatore di esigenze e problemi specifici, il nostro personale contributo è indispensabile perché le decisioni che si assumono siano le migliori possibili in quel dato momento.
Da qui non si scappa.
Se poi i partiti così come sono si rivelano non più idonei ad offrire il supporto necessario, tocca a noi cittadine e cittadini costruire una alternativa soddisfacente.
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