Alcuni interessanti pensieri sull'attualità dello scrittore Claudio Magris autore della "lectio", lezione con la quale il 25 marzo scorso ha inaugurato la quarta "Biennale Democrazia", liberamente tratti dall'articolo di Cesare Martinetti su "La Stampa" dello stesso giorno.
Mi sento patriota europeo. Vorrei un'Unione effettiva, come uno Stato in cui si vota per un premier che una volta si chiama Gomez, un'altra Dupont o Rossi. Un vero soggetto politico; i sei fondatori l'idea l'avevano.
Uno Stato vero e proprio con leggi uguali per tutti, la cui anima, l'identità sia una forma di civiltà che fin dalle origini ha posto l'accento sull'individuo piuttosto che sulla totalità: Atene, il diritto romano, l'umanesimo, l'illuminismo fino al socialismo democratico.
L'Europa deve avere il massimo di apertura e anche di relativismo, ma anche un minimo di valori etici non disponibili: l'uguaglianza di tutti indipendentemente da cultura, religione, ricchezza, sesso. Montesquieu forse è stato il primo a capirlo.
Un'Europa come esigenza di vivere un'identità superiore a quella dei singoli Stati, per prevenire la guerra, non "imbelli" però. Aperti non vagamente buonisti; come il pugno di Papa Francesco per intenderci.
Gli scrittori si processano se hanno commesso reati; scrivere non è un passaporto di impunità.
Il comico Dieudonné viene giustamente processato e condannato per le sconcezze che dice sulla Shoah.
Non ho letto libri gialli di Cesare Battisti perché l'assassino era gia noto.
Come intellettuale non sono ottimista nell'Europa in cui spero; forse il pessimismo della ragione di Bobbio; o l'ottimismo della volontà?
Sono però risolutamente contrario a quel catastrofismo che diventa vezzo, alla Cioran.
Perché la nostra patria è il mondo come per i pesci il mare.
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