6 mag 2011

Mea culpa

Il 1° Maggio è stata una grande Festa del lavoro, attività umana su cui è fondata la nostra Repubblica Democratica (art. 1 Costituzione).

Una Festa che tutto il mondo riconosce e celebra, perché si fonda sui valori universali di libertà, eguaglianza, giustizia.

Quest’anno a Roma è stato beatificato in contemporanea Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II, il cui costante rovello fu il problema dell’ingiustizia e su di esso costruì un rapporto indissolubile con tutti i derelitti del mondo (E. Scalfari, “la Repubblica” 1° Maggio 2011).

Passare dalle parole all’azione, ai fatti, è il vigoroso richiamo del Capo dello Stato, che dice basta all’ipocrisia istituzionale, che spinge le forze politiche ad accogliere le sue parole o i suoi richiami, comunque si vogliano definire, per poi ignorarli nella pratica. Mentre ai sindacati chiede se sia inevitabile l’attuale grado di conflittualità tra loro e se non sia possibile mettere a punto impegni comuni, senza temere un eccesso di consensualità o la cancellazione dei rispettivi tratti identitari.

Alberto Asor Rosa su “il Manifesto” del 1° Maggio, riflette con disincanto sulla situazione dell’Italia, evidenziando difficoltà e possibilità di recuperare l’enorme quantità di energia che si è accumulata, per avviare a soluzione i problemi del Paese, aiutati da un governo e un parlamento che ne abbiamo a cuore le sorti.

Memori che la coalizione di centrosinistra rivinse le elezioni nell’anno 2006, ma non seppe controbattere con la necessaria fermezza, specie con le sue componenti più consapevoli e motivate, le suadenti e prezzolate “avance” del centrodestra, che corrosero gli esigui margini su cui si reggeva la maggioranza al senato, causando la crisi e l’interruzione della legislatura.

“Mea culpa” quindi, a valere anche come vaccino per non ricadervi.

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