16 mar 2020

Affacciati alle finestre del Mondo.

In questi giorni chiusi in casa e costretti dal coronavirus a fare le cose “in remoto” cioè stando al di fuori di normali contesti lavorativi e nelle circostanze che ci portano fuori casa tenere almeno un metro da ogni umano che s'incontra, non siamo per buona sorte impediti di pensare, riflettere, divagare, immaginare, sognare.

E farlo tenendo conto del coronavirus che questo ci “costringe” a fare per ammalarci di meno: meno rapporti possibili con altre persone che rappresentano normalmente l'essenza del nostro modo di vivere.

Alla ricerca di una “normalità” altra con un virus sconosciuto ma che sappiamo pandemico dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè già presente su tutta la Terra.

Un virus pravo che non conosce confini e in pochissimo tempo s'è fatto sentire in ogni anfratto della nostra benedetta Madre Terra.

Quando ne sapremo a sufficienza realizzeremo ed utilizzeremo il vaccino (tra parecchi mesi), nel frattempo dobbiamo arrangiarci a contenerlo con quello che abbiamo di macchinari e farmaci. Tenendo conto che aggredisce i nostri polmoni.

Attrezzandoci mondialmente per uno sviluppo nuovo che poggi su modi di produzione e stili di vita giusti e coerenti che privilegino la qualità della vita e del prodotto.

Straconvinti che il male arriva di soppiatto, quasi all'insaputa mentre il bene ha bisogno del contributo di tutti per prendere corpo, affermarsi, prevalere.

Agendo come se già adesso il Mondo fosse una confederazione di tutti i circa 200 Stati di cui è costituito e che il destino ha posto di fronte ad un problema comune mai presentatosi prima.

Che per essere risolto richiede il contributo di tutti i 7 miliardi di quanti siamo.

Magari partendo da modesti ma significativi esempi come l'applauso a  mezzogiorno del 14 marzo scorso affacciati alle finestre del Mondo per ringraziare tutte le Persone ed il Personale dei vari servizi che rende possibile il miracolo cui stiamo partecipando.

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