16 feb 2015

Alcuni casi sono persino schifosi.

Il problema dell’evasione fiscale è essenziale ed è concausa delle serie difficoltà in cui permane l’Italia.

Siccome non saprei essere altrettanto chiaro e conciso riporto integralmente il “Buongiorno” di Massimo Granellini, “La Stampa” 11 febbraio scorso, che rende comprensibile a tutti il male che causa l’evasione fiscale e l’identikit dei protervi autori.

A carico dei quali oltre al ricupero delle somme evase con le prescritte penali e quant’altro, s’imporrebbe l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

 

Nella ormai celebre lista degli evasori innamorati della Svizzera non si trova traccia di pesci piccoli, smaniosi di sottrarre qualche sommetta alla rapacità dell’erario.

I dirottatori di denaro pubblico appartengono tutti alla categoria dei multimiliardari, ai quali i soldi delle tasse non servono affatto.

Alcuni casi sono persino schifosi, come quello dell’ex premier socialista (!) Papandreu che di giorno piangeva miseria per il popolo greco e la sera imboscava vagonate di euro in un conto segreto intestato alla madre.

Ma in genere questa sfilata di teste coronate e di teste montate si caratterizza per una disponibilità economica superiore a qualsiasi esigenza e, forse, decenza.

Se sei un campione di Formula Uno, una rockstar o il padrone del Banco Santander e possiedi mille fantastiliardi, cosa ti cambia lasciarne la metà al fisco? Te ne restano comunque cinquecento, con i quali potrai provvedere ampiamente ai bisogni tuoi e dei tuoi cari per le prossime trentotto generazioni.

Il resto lo rimetti in circolo a vantaggio della comunità, per migliorare quei servizi di cui peraltro anche tu fruisci.

Non è questione di moralismo, ma di un minimo sindacale di senso civico, oltre che di riconoscenza nei confronti della vita e delle persone meno fortunate di te che, avendoti eletto a loro punto di riferimento, hanno contribuito a renderti ultraricco.

L’avidità è una bestia feroce, specie quando si abbina con la megalomania.

Ma nella mia sconsolante ingenuità pensavo che avesse un limite – il centesimo lingotto d’oro, il terzo aereo privato – oltre il quale anche l’accumulatore più accanito intravedesse l’esistenza del prossimo.

 

 

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