2 dic 2011

Milan - Barcellona

La recente partita di calcio di Champions League Milan – Barcellona, vinta per 2 a 3 dagli spagnoli è stata un godimento per lo spettacolo e una lezione di vita.

Il Barcellona.

Una squadra che gioca divertendosi e divertendo ed in questo modo arriva al goal, e spesso alla vittoria. Le caratteristiche personali dei giocatori, tutti bravi, sono poste in risalto dal tipo di gioco praticato, nel quale le diversità concorrono in modo armonico. Ne risulta un insieme complementare e coeso, nel quale ciascuno esprime il meglio di sé e aiuta gli altri a fare altrettanto, essendone aiutato a sua volta: in modo normale, naturale, come vita. Dentro c’è egoismo, altruismo, generosità e tant’altro, ma in dosi tali da determinare equilibrio, consapevolezza, senso di responsabilità e convergenza tra i destini personali e quelli comuni. Non vorrei farla troppo grossa: si tratta di un gioco e tale rimane. Ma l’impressione è che siamo di fronte ad un fenomeno al quale concorrono cultura, solidarietà, stili di vita e il convincimento che per stare bene insieme sia meglio, non solo giocare, ma anche vivere così.

Il Milan.

Ha tenuto botta. Ma con evidente fatica, soprattutto per comprendere le caratteristiche basilari dell’antagonista, la sua filosofia. E ne ha fatto una questione di agonismo e di amor proprio, mettendocela tutta e finendo stremato. Ogni giocatore ha dato il meglio dal punto di visto fisico e sportivo, ma in ognuno c’era dell’altro che non è stato utilizzato, con scapito per l’efficacia del lavoro svolto.

Forse l’allenatore l’ha capito, ma lì per lì non ha certo potuto sopperire all’evidente divario rispetto agli avversari, posti nella condizione di utilizzare appieno le risorse di cui ciascuno disponeva, per fare di ogni gesto un atto vitale.

Ad un certo punto della partita si è avuta la sensazione che gli spettatori si rendessero conto dell’inanità dell’impegno profuso dai rossoneri, non tanto per l’esito numerico della contesa, quanto per la sostanza. Come se – paradossalmente – il risultato fosse indifferente a definire il vincitore sostanziale, tanto era palese la differenza qualitativa tra chi stava in campo.

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per il tuo commento. A presto.