25 apr 2016

Di vette e di paludi.

L'editoriale di Eugenio Scalfari su "la Repubblica" del 10 aprile scorso titolava: "Le vette di Francesco e la palude dove Renzi annaspa".

Pochi meglio di Scalfari conoscono le difficoltà della normalità politica nel mondo globale e in particolare dell'Italia, dove tutto si sta riassestando su posizioni che richiederanno tempo per stabilizzarsi con aggiustamenti più frequenti strada facendo.

Tenendo conto che questo farsi per quantità e qualità non ha esperienze cui rifarsi nella storia dell'umanità.

Quindi un conto è fare il Papa che si occupa di trascendenza e del modo migliore per accedervi, non più attraverso la valle di lacrime di questa vita ma vivendovi felici per quanto possibile, utilizzando alla bisogna – udite, udite – anche il sesso senza necessariamente finalizzarlo alla procreazione, ma per concorrere all'armonia delle persone che si sono promesse il meglio di sé per sé e per e con l'altra, finché morte non le separi.

Una vetta non v'è dubbio.

Altro è dedicarsi a decidere per conto di una pluralità di cittadini giorno dopo giorno sui più variamente sfaccettati problemi, cercando di fare gli interessi di tutti, al cui interno ognuno possa ritrovare qualche risposta a quanto gli sta più direttamente a cuore. A partire dal sindaco di Olmo Gentile, al presidente del Consiglio Renzi, al presidente della Commissione dell'Unione Europea per accennare solo al nostro Continente.

Una palude o se preferite la vecchia valle di lacrime diventata globale con religioni, culture, ideologie, storie e quant'altro piaccia o no, da tenere costantemente presenti e farci i conti.

Preferisco pensare che in ogni tempo ci sono le persone adatte per fare quanto è necessario, specie in democrazia se si tratta di ruoli civili e politici. E tra i prelati del Conclave dove lo Spirito esalta l'umano per effettuare la scelta migliore tra loro, cui affidare il fardello delle decisioni ultime a beneficio di tutti: in stato di peccato o no, indifferenti, altrimenti credenti, atei.

Ebbene in Italia abbiamo un Papa da vette che non contraddice il Presidente in palude. Anzi i due realizzano una qualche complementarietà, nel senso che uno non disdegna temi politici, sociali, umani per la gioia di vivere lungo il percorso tendente all'eternità. Mentre l'altro affronta il contingente forte di un  credo laico con afflati religiosi.

E non mi pare male. Anzi.

 

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