Poca cosa, quattro millimetri in tutto, otto esili zampette, due nervosi baffi-antenne, occhietti appena visibili, bocca che si coglie dalle movenze; curioso accorto veloce sulla pagina che sto leggendo; non lo disturbo voltando foglio, sosta osserva drizza e cala i baffi-antenne.
L'ispezione dura qualche minuto; lo osservo meglio: ha quanto serve per fare quanto deve. Pare comportarsi con una sua razionalità: di fronte ad un ostacolo improvviso prima di affrontarlo ragiona per capire.
Forse cerca il suo habitat.
Entra in scena un nuovo personaggio: poco più di una capocchia di spillo; ha le ali.
I due si studiano attimi, poi ciascuno recita la sua parte come se l'altro non esistesse.
Chissà per quali ruoli sono stati programmati in natura e se hanno una qualche discrezionalità.
Per potere cogliere le mosse del più piccolo mi doto di lente: un battito d'ali più intuito che visto, un saltino è l'esito; come a dimostrare cosa sa fare.
In natura nulla è per caso; anche così minuscolo ha quasi lo stesso mio DNA.
Sono entrambi alla mia mercé: non mi ergo a giudice o boia. Non hanno il potenziale per offendere: o più grossi o infinitamente più piccini allora sì.
Hanno terminato le loro cose e se ne vanno: il primo calandosi appeso ad una bava invisibile suppongo prodotta lì per lì, fino a toccare il pavimento mimetizzandosi in un attimo. Il secondo alzandosi – impensabile – in volo per chissà dove.
Hanno recitato la loro parte di ragnetto e moschina ma se lo sono veramente non so.
Perché non ho visto tessere la tela, irretirla e goderne.
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