12 nov 2012

I Convitti della Rinascita (un contributo di Paolo Rusin e Franco Malaguti)

(Ricevo da Paolo Rusin e Franco Malaguti un contributo sui Convitti della Rinascita che volentieri metto a vostra disposizione).

Dopo il 1945, completata la guerra di Liberazione contro il nazismo e il fascismo, i partigiani hanno creato  in varie località italiane i Convitti della Rinascita.

Bisognava occuparsi degli orfani e dei figli di partigiani che dovevano studiare e crescere socialmente oltre che culturalmente. Una decina di città come Milano, Roma, Bologna,Cremona, Varese, Genova, Novara, ecc. si attivarono con le strutture opportune. Qui la libertà era coltivata attraverso la cultura, nella pace, nella democrazia, nella tolleranza per un nuovo cittadino italiano.

In particolare il Convitto di Venezia, intitolato al giovane partigiano Francesco Biancotto, rappresentò una esperienza educativa avanzatissima. Il motto dell’insegnamento era “a Scuola come in Fabbrica”.

Per noi ragazzi di allora, provenienti da famiglie povere, da zone disagiate, da situazioni diverse, costituì una straordinaria avventura umana piena di interessi e di stimoli. Per la maggior parte di noi costituì il fondamento di uno stile di vita equilibrato e sereno, teso a ridiscutere i luoghi comuni e le convenzioni per trasformarle in proiezioni positive, scevre da intolleranze.

Lì quei ragazzi hanno potuto studiare condividendo le fatiche quotidiane del lavoro materiale necessario al mantenimento dell’ente che li nutriva e della casa dove erano ospitati, occupata dai partigiani per accogliere i figli di famiglie poverissime e senza futuro. Così alternavamo studio e lavoro ed  abbiamo conosciuto l'affetto e la solidarietà popolare  che ci ha dato la fiducia per resistere alla penuria di risorse economiche disponibili per il nostro mantenimento.

In tempi di attacco alle forze democratiche, quindi anche contro i Convitti fondati dai partigiani,  la popolazione ci ha difesi dalle angherie della polizia di Scelba che tentava di scacciarci dall'edificio occupato. Nel giorno dello sfratto da parte della “Celere” le fabbriche di Marghera si sono fermate per dar modo agli operai di manifestare insieme alla popolazione di Venezia, riportando i ragazzi nella loro casa, il Convitto Biancotto. Siamo stati aiutati con alimenti e sottoscrizioni dagli operai delle fabbriche della terraferma, dalle mondine del ferrarese, dai commercianti del mercato ortofrutticolo e dalla cittadinanza di Venezia, che ha ritrovato la solidarietà espressa dalla propria storia.

Per continuare a raccontare questo modo di crescere un ragazzo rappresentativo di questa esperienza è Franco Malaguti di Reggio Emilia, orfano del padre morto combattendo contro i tedeschi. Come tanti di noi, rimasti senza una famiglia in grado di mantenerli era esposto fin da piccolo ai rischi di un girovago. Al Biancotto siamo stati allevati con un principio semplice e nuovo, rispetto al tempo e all’educazione attuale: sviluppare al massimo l’indole  e le capacità individuali all’interno di uno stile di vita solidale e collaborativo, il “Collettivo” appunto. Oggi Franco è un valente editorialista, ormai in pensione, che ha costruito come architetto della parola per la Mondadori scolastica oltre duemila libri di testo per le scuole. Potreste trovare tra i vostri libri l’impronta del Biancotto.

Ma anche in un libro per raccontare: “ I ragazzi del Collettivo”, tutta questa esperienza è stata narrata da Lia Finzi e Girolamo Federici. Girolamo, detto Momi è stato direttore del Biancotto. E’ scomparso da qualche anno. Ci sono anche altri testimoni che potrebbero raccontare e Lia Finzi, che era non solo collaboratrice ma anche moglie di Momi, è la loro portavoce più qualificata. L'Istituto storico della Resistenza di Venezia sta preparando tra l'altro un audiovisivo su DVD.

Perché non presentare nelle Banche del Tempo e nelle scuole questa avventura ed esperienza di solidarietà vissuta con durezza ma anche con entusiasmo in tempi difficili e complessi, simili a quelli che stiamo attraversando oggi ?

Anche questo è stato detto nel Convegno nazionale dei Convitti della Rinascita a Venezia il 27 ottobre 2012. Quella mattina c'era l'acqua alta e s'è dovuto camminare scalzi per raggiungere la sede del Convegno, pensando” scarpe rotte eppur bisogna andar…..” come dice una vecchia canzone partigiana.

 

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